Dom non voleva essere una celebrità. Tantomeno un eroe. In fondo non aveva fatto altro che sopravvivere. Lo avevano chiamato “capitano-eroe” ma l’enfasi e i riflettori possono stritolare peggio di un boa constrictor, quando entri nella spirale dei media. Dom, vero nome Duanggphet Phromthep, period uno dei piccoli calciatori della squadra dei Cinghiali di Mae Sai, in Thailandia. Con i suoi undici compagni e l’allenatore rimasero intrappolati in una grotta. Period il 2018, i giovani atleti avevano 12 anni e il mondo è rimasto con il fiato sospeso per la loro sorte per quindici giorni, finché una coraggiosa operazione dei Navy Seal li ha portati fuori.
Tutto bene quindi? No. Lo scorso febbraio il corpo di Dom viene trovato appeso nella sua digital camera del faculty in Inghilterra dove nel frattempo si è trasferito. Ieri il medico legale ha confermato che si è trattato di un suicidio. Perché? È la domanda ovvia ma anche la più stupida, di fronte a un suicidio. Nessuno potrà mai entrare nella testa e nel cuore e nell’anima di chi a 17 anni resolve di togliersi la vita, ma ricostruire la storia di Dom ci può dare alcuni indizi e far riflettere su parecchie cose.
Prima del 23 giugno 2018 la vita di Dom period quella semplice di un ragazzino delle medie. Andava a suola, si allenava, giocava a calcio sui campetti di terra, la sera tornava a casa. La routine tranquilla di uno studente. Poi quella gita alle grotte di Tham Luang e le piogge improvvise che bloccano lui e i suoi compagni. Rimangono sotto per quindici giorni e per uno di quegli strani fenomeni di voyeurismo e di immedesimazione le television del mondo convergono. La gente si appassiona, il salvataggio commuove, ogni sera al tg c’è l’aggiornamento della situazione.
Li salvano? Ce la faranno? Si muove addirittura lo svalvolato Elon Musk, che invia alcuni suoi ingegneri di Area X, quelli specializzati nel mandare i ricconi in orbita, stavolta impegnati a tirare fuori dalle viscere della terra un manipolo di ragazzi poveri con il loro allenatore. A salvarli saranno più prosaicamente le squadre di tremendous sommozzatori dei Navy Seal. L’eco mediatica è enorme. I video sono ovunque. Ogni passaggio è documentato, piace soprattutto questa cosa che i ragazzini sono sempre sorridenti, dicono di aver meditato, non si sono fatti prendere dal panico, hanno fatto gioco di squadra.
Finito l’incubo vero, inizia un altro incubo, più subdolo e pericoloso. I ragazzini diventano piccole star. La loro storia diventa un documentario su Netflix, The Trapped 13: How We Survived The Thai Cave. Una serie television in sei episodi, sempre su Netflix: Thai Cave Rescue. E il movie di Ron Howard: Tredici vite. Il governo thailandese li sfrutta politicamente e spedisce i ragazzini in tour mondiale come simboli di positività, speranza e successo. In un centro commerciale di Bangkok viene addirittura costruita la reproduction della grotta di Tham Luang e i ragazzi sono costretti a fare gli attori della loro stessa tragedia, rivivendola per la gioia degli spettatori che accorrono numerosi. Grazie a una borsa di studio della Zico Basis (ex capitano della nazionale Thailandese) Dom a settembre del 2022 parte per l’Inghilterra, dove approda al Brooke Home School, prestigiosa boarding college nei verdi prati del Leicestershire, retta annuale da 40.860 sterline, dove conosce le pene dello sradicamento e la difficoltà d’inserimento in una rigida scuola britannica, senza neppure sapere bene la lingua. Rimane però nel cono di luce della celebrità, lui chiede che la sua privateness venga protetta, ma è difficile. A un giornale inglese dichiara: «Non voglio essere ricordato per la grotta. Gli unici che meritano di essere lodati sono i soccorritori». Tra l’altro, due dei sommozzatori sono morti durante il salvataggio e lui si sente in colpa
L’epilogo è quello detto: a febbraio trovano Dom in fin di vita, la madre Loy gli recita preghiere buddiste al telefono, ma dopo due giorni il ragazzo muore e viene cremato in solitudine: il viaggio dalla Thailandia è troppo caro e nessuno straccio di Elon Musk o di Netflix, che hanno usato i ragazzi e la storia della grotta, si offre di pagare il biglietto alla madre per i funerali.
Alla famiglia sono state consegnate le ceneri e un cellulare da cui sono stati cancellati tutti i dati. Niente foto, niente ricordi. Potrebbe essere una pista misteriosa (non pare) o molto più semplicemente li ha cancellati Dom stesso, per non lasciare traccia di sé. L’ultima beffa sarebbe che a qualche sciagurato venga ora in mente di fare un movie o un documentario sulla sciagurata vicenda di Duanggphet Phromthep.