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Wednesday, November 29, 2023

Intelligenza artificiale: Londra sceglie Ian, 38 anni, Roma punta sull’85enne Amato


Se non fosse perfettamente in grado di difendersi da solo, ci sarebbe da provare a difendere Giuliano Amato, appena nominato, a 85 anni, presidente della neonata Commissione Algoritmi, insediata a palazzo Chigi per studiare l’impatto dell’intelligenza artificiale sull’editoria. Sui social quelli che non parlano del caso Giambruno, lo sbeffeggiano per l’età, oggettivamente avanzata, e per una presunta incompetenza in materia: ma lo sa cos’è un algoritmo o lo starà cercando su Google? I giornali di destra dicono che persino Giorgia Meloni sia irritata per la scelta «non condivisa» del suo sottosegretario all’editoria: non c’period nessun altro?

Uno dei submit più efficaci mette a confronto il suo curriculum, peraltro prestigioso, di giurista, con quello del suo omologo del Regno Unito: Ian Hogarth, laurea in laptop science a Cambridge, due startup basate su intelligenza artificiale fondate e vendute, oggi alla guida di un fondo di 250 milioni di euro. E soprattutto: 38 anni. Gli piace vincere facile. Ma prima ancora di provare a difenderlo bisognerebbe chiedergli chi glielo ha fatto fare advert incassare l’ennesima presidenza di una carriera che sembra non finire mai; certamente non la più importante, ma forse la più interessante, perché in quella commissione teoricamente si indaga il nostro futuro prossimo in un mondo che capiamo sempre meno e nel quale sembriamo voler lasciare la scena alle macchine: ma se un giorno faranno tutto loro, noi che faremo? Si tratta di un tema esistenziale enorme: dove mettere i confini? dove alzare degli argini? Sicuri che la risposta debba darla un tecnologo e non, per esempio, un filosofo? Occorre saper scrivere un algoritmo per capirne l’intrinseca potenza?

Certo, l’età: in un paese dove il passato non passa mai e il momento dei giovani è sempre domani, l’età conta. Perché non puntare su un giovane?, ce ne sono di bravissimi. Facile: perché abbiamo la sindrome di Albus Silente, il grande rettore della scuola di magia di Harry Potter; quando le cose buttano male, o semplicemente non le capiamo, preferiamo rivolgerci advert un vecchio saggio. Del resto se gli Stati Uniti sono guidati da Joe Biden, perché una commissione di palazzo Chigi non può essere guidata da Giuliano Amato? Il quale peraltro non è vero che sia digiuno del tema, anzi, in questi anni ne ha scritto spesso cercando di restare equidistante dagli apocalittici e dagli integrati, ovvero da quelli che dicono che l’intelligenza artificiale sarà la fantastic dell’umanità e da quelli che dicono che andrà tutto bene perché è sempre andata così. Rileggerlo oggi è confortante. Che poi a ben vedere l’oggetto della commissione è davvero stretto: valutare l’impatto degli algoritmi sull’editoria.

In un paese in cui non c’è un giornale o una television che abbia iniziato davvero advert usarli i nuovi strumenti di intelligenza artificiale generativa per creare notizie; ma nemmeno che si sia dato delle regole di trasparenza (li avvisiamo i lettori?) o almeno di autotutela (lasciamo che le intelligenze artificiali della Silicon Valley si addestrino free of charge sui nostri archivi o, come il New York Instances, alziamo la saracinesca? Ah, saperlo). Perché poi in fondo l’unica cosa che interessa davvero i nostri editori, l’unica domanda per cui aspettano una risposta è semplicissima: se usassi Chat Gpt, quanti giornalisti posso mandare in pensione prima del tempo? Dimostrando, loro sì, di non aver capito cosa possono e cosa non possono fare questi algoritmi: mandate una intelligenza artificiale a Gaza in queste ore e vedete che racconto viene fuori. Insomma, non è da questi particolari che si giudica l’immobilismo dell’Italia sull’innovazione. Quel che resta da chiedersi è chi glielo abbia fatto fare advert Amato advert accettare: non aveva niente di meglio da fare? Lo ha spiegato Norberto Bobbio in una indimenticabile lectio magistralis di tanti anni fa. Parlava della vecchiaia e disse: «Quando ero giovane, mi consideravo un po’ vecchio. E da vecchio, sino a pochi anni fa, mi sono considerato un po’ giovane».

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