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Thursday, December 7, 2023

Mes, lo stallo di Bruxelles sul patto di stabilità complica i piani del governo: Meloni pronta a rinviare ancora



Le resistenze sulla richiesta italiana di scorporare dal calcolo della spesa gli investimenti del Pnrr che si fanno sempre più forti, il governo tedesco che non arretra sulla necessità di fissare un taglio minimo annuale del debito, l’introduzione di nuovi vincoli per garantire che il deficit resti ben al di sotto del 3%. E, di conseguenza, il by way of libera dei governi alla riforma del Patto di Stabilità che slitta ancora. La presidenza spagnola dell’Unione europea puntava a un’intesa all’Ecofin di dopodomani, ma non sarà possibile: bisognerà attendere almeno un altro mese, visto che la proposta legislativa di compromesso non arriverà prima dell’8 dicembre.

Il salto in là nel tempo complica decisamente la strategia del governo italiano, secondo il quale l’accordo sulla riforma del Patto poteva essere utilizzato come leva per far digerire al Parlamento la ratifica della riforma del Mes, calendarizzata per il 20-21 novembre. Ed è in questo clima che è maturata l’uscita di ieri del ministro Giancarlo Giorgetti sulle «regole europee che penalizzano gli investimenti» e sulla «pericolosissima involuzione burocratica» dell’Ue, parole che lasciano trasparire una certa frustrazione per la piega che sta prendendo il negoziato tra i ministri delle Finanze.

Giorgia Meloni ora è costretta a cercare una soluzione per temporeggiare ancora. E così cercherà di sfruttare a suo vantaggio il rinvio, puntando, a sua volta, a rimandare ancora la controfirma delle Camere. Sarebbe l’ennesima volta di una lunga odissea, ma manterrebbe in sospeso il Mes come arma negoziale. Il Parlamento è chiamato a esprimersi sul fondo salva-Stati tra due settimane, alla scadenza dei quattro mesi fissati dalla sospensiva prevista dall’ultimo rinvio. Luigi Marattin, il deputato di Italia Viva che ha portato in Parlamento la proposta di legge di ratifica è certo di una cosa: «Non potendo più usare la stessa procedura che ha permesso loro di rimandare il voto, faranno in modo di rinviare il testo in commissione per approfondimenti. Un po’ come hanno fatto con il salario minimo. Certo fa sorridere pensare che servano approfondimenti su una materia che ci trasciniamo da quattro anni». Nel caso del salario minimo, poi, il governo ha potuto fare leva sulla scusa di dover attendere il documento di proposta del Cnel (poi bocciato dalle opposizioni). Qui si tratta semplicemente di una firma su un trattato internazionale stranoto, passato in commissione Esteri. Stando alle regole, la riforma farà comunque il suo ingresso in Aula. Subito dopo sarà rimandata in commissione con i voti della maggioranza. Così è stato deciso e comunicato ai parlamentari che, salvo sorprese, resteranno compatti, indifferenti alle lamentele europee.

I vertici del Mes e dell’Eurogruppo avevano chiesto all’Italia di completare la ratifica al più tardi entro novembre, altrimenti potrebbe non esserci tempo a sufficienza per far entrare in vigore il “backstop” finanziario dal 1° gennaio 2024. La riforma del Meccanismo europeo di stabilità introduce infatti un paracadute finanziario per il Fondo di risoluzione unico delle banche, una linea di credito da 68 miliardi da attivare in caso di necessità. Il direttore esecutivo del fondo, Pierre Gramegna, ha già detto in più occasioni che è imperativo avere questo strumento a disposizione da gennaio, altrimenti dal 31 dicembre il settore bancario si troverà scoperto in caso di crisi. Uno state of affairs che potrebbe preoccupare i mercati. La information di advantageous novembre è legata al fatto che, subito dopo la ratifica, il Mes avrà bisogno di almeno un paio di settimane per le pratiche burocratiche. Considerato che poi ci sarà la pausa per le vacanze di Natale, iniziare dicembre senza aver ancora ottenuto il by way of libera del parlamento italiano rischierebbe di impedire l’entrata in vigore del backstop dal 1° gennaio.

Per l’Italia la strada è stretta e i negoziati non stanno andando come Meloni voleva. Giovedì sul tavolo dell’Ecofin arriverà soltanto l’ennesima “touchdown zone”, il terzo documento di compromesso che la presidenza spagnola presenterà per cercare un’intesa sulle linee generali della riforma. Perché non solo non c’è un accordo sull’entità dei singoli parametri, ma i governi sono ancora distanti anche sui princìpi-chiave della riforma, a partire dal meccanismo per il taglio del debito e quello per incentivare gli investimenti. Con ogni probabilità, l’intesa passerà da un patto franco-tedesco. Che però, al momento, ancora non c’è. Il ritardo sulla riforma non dovrebbe comunque avere alcun impatto sulla valutazione della manovra, che la Commissione pubblicherà il prossimo 21 novembre. Come spiegato dal commissario Paolo Gentiloni, dal 1° gennaio in ogni caso torneranno in vigore le vecchie regole del Patto, ma ci sarà una sorta di fase “transitoria” durante la quale Bruxelles interpreterà i vincoli pre-pandemia con lo «spirito» della riforma. Per esempio la conformità con le raccomandazioni non sarà misurata utilizzando il parametro del deficit strutturale, ma quello della spesa primaria netta, che è al centro del nuovo Patto.

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