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Friday, December 1, 2023

Perché non basta la paga minima


Il vertice sul salario minimo, convocato il venerdì pomeriggio, ossia immediatamente prima del week-end lungo del Ferragosto, assomiglia un po’ a quei panorami marittimi che milioni di italiani in vacanza vedranno al tramonto nei prossimi giorni: cielo e mare perdono i loro contorni nitidi e si confondono spesso in un orizzonte coperto di nebbioline o brume. In modo in parte analogo, i termini del problema “salario minimo” non sono molto chiari e il vertice assomiglia un po’ a un’annotazione frettolosa prima di correre sotto l’ombrellone.

Che cos’è, infatti, il salario minimo? “Nove euro all’ora”, risponderà il lettore non specialista. Sì, ma al lordo o al netto delle imposte e dei contributi sociali? Viene calcolato per ferie, tredicesima e liquidazione? Quanto guadagnerebbe in più con il salario minimo – ammesso, ovviamente, che oggi la sua retribuzione sia inferiore a questo limite – l’addetto al distributore dove abbiamo appena fatto benzina, il barista che ci servirà l’aperitivo questa sera, la commessa del negozio che ci ha venduto i sandali da mare? E quanto inciderà tutto ciò sui guadagni dell’impresa? Sarà story da indurre gli imprenditori interessati a recuperare l’aumento dei costi con un rialzo dei prezzi? Le discussioni degli ultimi mesi hanno largamente schivato questi argomenti; e quindi il problema rimane indeterminato. “Nebbioso”, appunto.

In realtà il salario minimo è un piccolo elemento di una ben più grande questione che riguarda il lavoro nel suo complesso, nel contesto dei cambiamenti tecnici e sociali in corso. Le organizzazioni sindacali e imprenditoriali si sono focus sui problemi, certo, assai gravosi, di chi – prevalentemente anziano o di mezza età – è bene inserito, in settori e strutture solide che rappresentano ancora la parte più rilevante, ma in rapida riduzione, del lavoro dipendente. Qui le vertenze riguardano, in genere, la diminuzione dei posti di lavoro nelle fabbriche e negli uffici per chiusure, trasferimenti all’estero, nuove tecnologie che richiedono meno lavoratori. C’è però un’altra realtà, rapidamente crescente e scarsamente rappresentata, del mondo del lavoro, ben simboleggiata dai “riders”, largamente trascurata dal sindacalismo e dalle associazioni imprenditoriali di categoria E la firma in rappresentanza dei lavoratori di queste categorie nuove e deboli è stata spesso apposta sui contratti di lavoro di categoria da organizzazioni pressoché sconosciute, tranne che nel momento della firma di questi contratti.

Il salario minimo va inserito in un orizzonte molto più vasto. Una quota molto importante degli attuali lavoratori cinquantenni e più non ha mai cambiato, o ha cambiato al massimo 2-3 volte, datore di lavoro. Oggi i cambiamenti che i giovani hanno di fronte, anche nei settori sindacalmente ben presidiati, sono molto più frequenti perché i progetti imprenditoriali sono di durata inferiore: tutto si deve realizzare in cinque, al massimo dieci anni; poi, in un mondo che non sta mai fermo, l’impresa cambia settore, mercato, paese, oppure viene assorbita da un’altra. Il salario minimo non serve molto a tutelare il lavoratore contro queste evenienze: sarebbe auspicabile che la riunione di ieri pomeriggio fosse la prima di una serie diretta advert affrontare in modo non ideologico questa gamma più ampia di problemi.

Occorre un insieme di provvedimenti che aiutino i lavoratori nei loro sempre più frequenti “passaggi di vita”, sia dal punto di vista dei redditi sia da quello dell’acquisizione di nuove competenze lavorative. Il che non significa “rimandare i lavoratori a scuola” ma portare la scuola a contatto con le esigenze di chi non è più un adolescente. Occorrono strutture pedagogiche nuove con insegnamenti più brevi, magari a distanza, finalizzati a un apprendimento specifico con metodi spesso non convenzionali.

L’ “offerta” dei politici – sempre che siano in grado di formularla in modo credibile – deve riguardare la vita delle persone nel suo insieme e le esigenze delle famiglie. Altrimenti saremo ancora una volta di fronte a un cliché che conosciamo molto bene: cambiamenti di scarsa rilevanza dopo polemiche sterili, destinate a essere inefficaci. Il che significherebbe un declino che continua.

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